Intervista a Giuliana Savi, farmacista romana: ha scelto l’Ordo
Virginum, una forma di vita consacrata caratterizzata dalla diocesanità e
dalla sponsalità . Dio «raddoppia le gioie e divide i dolori» di Marianna Russo
Il 2 febbraio la Chiesa celebra la Giornata
della Vita Consacrata. Per l’occasione Benedetto XVI alle ore 17.30
nella basilica Vaticana presiede i vespri e rivolge il suo saluto a
tutti i consacrati. In un tempo in cui la castità è un tabù e, nella
generale confusione di valori e certezze, dilaga la mentalità del tutto e
subito e una sorta di allergia al per sempre. In questo contesto cosa
spinge a consacrarsi al Signore?
Lo chiediamo a Giuliana Savi,
quarantenne romana, farmacista in un ospedale della capitale, che il 21
gennaio scorso nell’abside della basilica lateranense, è stata
consacrata da monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare del
settore est, secondo il rito consecrationis virginum, risalente ai primi
secoli del cristianesimo e riportato alla luce dal Concilio Vaticano
II.
Perché consacrarsi al Signore?
È come chiedere a
marito e moglie: perché sposarsi? Forse perché ti accorgi che quello è
l'uomo o la donna giusta ed è con lui o con lei che pensi e sogni di
condividere tutta la tua vita. Nessuno più del Signore ti conosce tanto
bene e sa starti vicino in ogni momento, bello o brutto che sia: le
gioie si raddoppiano e i dolori si dividono. Lui è così: non puoi farne a
meno, non sai starGli lontano. È questione d’amore, dunque.
Quindi come è nata la tua storia d’amore con il Signore?
La
mia è una un’esperienza normalissima. Sono nata a Roma e cresciuta in
un ambiente tranquillo, in cui ho conosciuto e frequentato lo scoutismo,
che mi ha insegnato ad impegnarmi per gli altri e con gli altri. La
fede è diventata, poi, sempre più un elemento fondante del mio essere e
del mio agire. Poi l’Università , la laurea e il lavoro in farmacia.
Intanto, mi sono inserita in un gruppo parrocchiale di giovani
lavoratori: ogni settimana ci incontravamo e, guidati da un padre
gesuita, meditavamo la Parola di Dio. Così ho scoperto la lectio divina
e ho fatto esperienza di ritiri e esercizi spirituali secondo lo stile
ignaziano, imparando a fare discernimento alla luce della fede. E ho
cominciato ad avere anche una direzione spirituale. Nel frattempo ho
svolto anche un po’ di volontariato al centro di accoglienza per
rifugiati di via degli Astalli e in altre associazioni. Dopo aver
sostenuto diversi concorsi, ho cominciato a lavorare in ospedale, una
realtà che mi appassiona molto.
E così il Signore, come un
venticello leggero, è entrato nella tua vita e ha parlato al tuo cuore,
fino alla scelta definitiva di rispondere “sì” alla Sua chiamata
d’amore. Perché hai scelto proprio l’Ordo Virginum, l’antico Ordine
delle vergini, una forma di vita consacrata caratterizzata dalla
diocesanità e dalla sponsalità con Cristo?
Da molto tempo, in
maniera forse inconsapevole, ero alla ricerca del progetto di amore che
il Signore aveva su di me. Capivo che la Chiesa era la dimensione in
cui questo progetto doveva trovare la sua realizzazione e proprio nella
Chiesa ho incontrato l'Ordo Virginum. Era proprio ciò che stavo
cercando: una Chiesa che si incarna nel mondo e vive per il mondo. Una
Chiesa voluta da Cristo come Sua Sposa.
Le tue giornate sono
scandite dal lavoro, dalla preghiera, dall’impegno in parrocchia e
nell’associazione dei farmacisti cattolici, oltre che dall’attenzione
per la tua famiglia di origine e dagli studi di teologia alla
Lateranense. Cos’è cambiato con la consacrazione?
Non è facile
esprimere in parole la gioia provata in una cornice di calma e di forza
interiore: mai prima d'ora ho avvertito in maniera così chiara la
presenza di un Amore più grande, dell'abbraccio della Chiesa Sposa di
Cristo, dell'esistenza di una famiglia umana che si riconosce
nell'Unico. Mi sono resa conto che questa scelta è l’espressione di un
disegno del Signore che mi ha voluto qui, in questo momento e in questo
ambiente.
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