L’evento dell’Annunciazione coincide con l’avvenimento
dell’Incarnazione. È il legame nuziale del Verbo con l’umanità e più
precisamente con la Chiesa, vergine-madre, come Maria.
La
giovane fanciulla di Nazareth è la protagonista della vicenda nella
quale Dio rende partecipe una creatura umana della rinascita degli
uomini. Nel suo seno verginale Dio scese col Figlio tra gli uomini, gli
uomini salirono con Maria a Dio. In questo arcano mistero di salvezza
rifulge, oltre alla missione di mediazione della madre di Dio e nostra,
il connotato di esemplarità di Maria.
Come
modello di fede e di totale adesione alla volontà di Dio, Maria ispira
i termini di ogni dialogo dell’uomo con Dio. L’uomo chiamato a
rispondere al suo progetto di amore e santificazione trova nel “sì” di
Maria la risposta pronta, gioiosa ed amorosa.
La prontezza si
oppone all’indeterminatezza che svilisce l’uomo della sua capacità di
assumere impegni in responsabilità e libertà. Nel mondo di oggi il
progettuale e duraturo si riduce all’effimero carpe diem della banalità al quotidiano anche nella vita a due.
È
la costante comunione che coltivava con Dio nella contemplazione, che
offre alla Vergine la consapevolezza di appartenere a un disegno che la
trascende, i cui strumenti di realizzazione le sono proposti nella
vocazione di socia privilegiata della redenzione operata da Dio, nel
Figlio.
La gioia della
sua risposta è suscitata dal saluto dell’Angelo: “Rallegrati Maria”!
La grazia che ella ha trovato presso Dio s’innesta nella pienezza dei
suoi doni. Come dal suo intuito mistico affermava San Francesco, Maria è
“la Vergine fatta Chiesa”.
Modello
fulgido di santità, bontà e purezza, è il prototipo dell’umanità.
Maria è l’espressione di come Dio ha voluto l’uomo prima del peccato
originale. Maria è icona della Chiesa dopo la lotta finale: senza
macchia, né ruga, poiché è l’Immacolata.
La pace del cuore che riecheggia nello shalom
ebraico è quella pienezza di bene che seco porta Maria e che lungi
dall’essere spensieratezza rivela la profondità del mistero dell’amore.
La
felicità non è assenza di dolore, ma sua accettazione nell’immersione
nella volontà di Dio che produce nel sorridere alla vita l’espressione
antropologica più cristallina del vivere per Dio e con Dio.
La
mancanza di fede fiduciale e di speranza, come resa all’inseguimento
dei propri sogni è oggi la causa dell’alone di tristezza che ombreggia
sui volti anche di tanti giovani come velo che eclissa la visione di un
sole.
L’amore di
Maria è reso visibile e udibile dalla prontezza e dalla gioia del suo
“si” a Dio, segno inequivocabile che significa il suo voler vivere
un’esperienza sponsale, quella di Vergine –Madre.
È
la creatura che più ama Dio e più è amata da Dio. Se ad ogni azione
corrisponde una reazione, San Massimiliano M. Kolbe affermava che la
risposta di Maria è la più bella e perfetta che una creatura umana
avesse mai potuto dare a Dio.
Dio
ama e chiama l’uomo; Maria risponde per riflesso a quell’amore
declinando nel prisma della sua anima cristallina i differenti colori
delle situazioni della vita. In quella comunione di amore con la Trinità
di cui è figlia, madre e sposa, ogni donna può in Lei identificare se
stessa nella triplice vocazione di donna, madre e sposa.
Nella dimensione antropologica della femminilità è intrinseca la
capacità strutturale, sul piano non solo fisico-biologico, ma
spirituale-psicologico, di accogliere la vita.
La
capacità relazionale muliebre e l’accoglienza verso soprattutto chi è
più debole e indifeso, è il miglior deterrente all’indifferenza sui
bisogni degli altri, in una società che dimentica di Dio, sta perdendo
anche di vista l’uomo stesso. Se la donna diventasse “madonna”,
potrebbe umanizzare il mondo, poiché in lei ognuno riconoscerebbe il
mistero dell’origine della vita, del suo valore, del suo
accompagnamento.
Nella dimensione
materna di Maria individuiamo la determinazione di tante
madri-coraggio che ieri, come oggi, cavalcano i drammi dell’esistenza
affinché il domani dei propri figli sia migliore. Colei che con il “sì”
dell’Annunciazione generò prima nella mente e nel cuore e poi nel
corpo verginale, Colui che l’universo intero non può contenere, allarga
l’orizzonte di comprensione della collaborazione umana al progetto
creativo di Dio.
Come
stella fulgente nella fredda notte del mondo, il calore e la luce di
Maria rendono primavera all’inverno demografico di una generazione
degenerata perché i genitori non generano. L’unione sponsale con Dio e
il suo consorzio di vita con il giusto S. Giuseppe, custode delle virtù
di Maria, esaltano il senso della famiglia umana: dal focolare
domestico al fuoco che il Verbo, incarnandosi, ha portato e ha voluto
vedere acceso in tutto il mondo (cfr. Lc 12, 49-53).
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